Ricorso, ex art.  127  della  Costituzione,  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Abruzzo, in persona del  suo  Presidente  p.t.,
per la declaratoria della illegittimita' costituzionale  dell'art.  8
della  legge  della  Regione  Abruzzo  n.  11  dell'8  giugno   2018,
pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione   Abruzzo   n.
65-speciale del 20 giugno 2018, come da delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 2 agosto 2018, per contrasto con l'art. 25, comma 2,
della costituzione e con l'art. 1 della legge 24  novembre  1981,  n.
689, modifiche al sistema penale, quale norma interposta. 
 
                                Fatto 
 
    In data 20 giugno 2018 e' stata pubblicata,  sul  n.  65-speciale
del Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, la legge regionale n.
11 dell'8 giugno 2018, recante «Modifiche ed integrazioni alla  legge
regionale 27 aprile 2017,  n.  28  (Gestione  della  fauna  ittica  e
disciplina della pesca nelle acque interne)». 
    Una delle disposizioni contenute nella detta legge,  come  meglio
si andra' a precisare in prosieguo, eccede dalle competenze regionali
ed   e'   violativa    di    previsioni    costituzionali,    nonche'
illegittimamente invasiva  delle  competenze  dello  Stato;  si  deve
pertanto procedere  con  il  presente  atto  alla  sua  impugnazione,
affinche' ne sia  dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale  con
conseguente annullamento sulla base delle seguenti considerazioni  in
punto di 
 
                               Diritto 
 
    - 1.1. La legge della Regione Abruzzo n. 11 dell'8  giugno  2018,
«Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017, n. 28
(Gestione della fauna ittica e disciplina  della  pesca  nelle  acque
interne)», ha previsto, all'art. 8,  la  «sostituzione  dell'art.  30
della legge regionale n. 28/2017», che irroga sanzioni amministrative
per violazioni di varie disposizioni in tema di Gestione della  fauna
ittica e degli ambienti acquatici, cosi' disponendo: 
    «1. L'art. 30 della legge regionale n. 28/2017 e' sostituito  dal
seguente: «Art. 30 (Sanzioni)  1.  Le  infrazioni  alle  disposizioni
della presente  legge,  salvo  le  sanzioni  di  carattere  penale  e
tributario previste  dalle  normative  vigenti,  sono  soggette  alle
seguenti sanzioni amministrative: a) da euro 200,00 a  euro  1.000,00
per chiunque esercita la pesca senza la ricevuta del versamento della
tassa di concessione regionale; b) da euro 50,00 a  euro  300,00  per
chi esercita la pesca senza aver ottenuto il tesserino segna  catture
o senza  aver  preventivamente  segnato  la  giornata  di  pesca  sul
tesserino medesimo e le altre disposizioni  contenute  nell'art.  20,
comma 8; c) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per chi esercita la  pesca
con modalita' e tecniche vietate ai sensi dell'art. 28, commi  1,  2,
3, 4 e 5; d) da euro 20,00 a euro 60,00 per  ogni  pesce  pescato  in
violazione della disposizione di cui all'art. 25; e) da euro 50,00  a
euro 300,00 per la pesca in acque soggette  a  diritti  esclusivi  di
pesca,  di  uso  civico  od   in   acque   soggette   a   concessioni
amministrative in mancanza di permesso rilasciato dal titolare o  dal
concessionario; .0 da euro 1.000,00 a euro 3.000,00 per le infrazioni
accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 1, 2, 3 e  4;
oltre alle sanzioni penali e al risarcimento del danno,  e'  disposta
dalla Regione la preclusione all'esercizio della pesca per un periodo
di tempo da tre a cinque anni; g) da euro 100,00 a euro 500,00 per le
violazioni delle disposizioni di cui: alle linee  guida  adottate  ai
sensi dell'art. 10, al provvedimento dirigenziale previsto  nell'art.
7, comma 4, al calendario ittico di cui all'art. 9 e  alle  modalita'
di pesca notturna dell'anguilla e per il carp-fishing di cui all'art.
24, comma 18; h) da euro 100,00 a euro 500,00 per le violazioni  alle
disposizioni relative alle zone a regolamentazione particolare; 1) da
euro 500,00 a euro 3.000,00 per chiunque, in possesso di  licenza  di
pesca professionale, pesca utilizzando attrezzi non consentiti o  con
modalita' o tempi diversi da quelli previsti; j)  da  euro  500,00  a
euro  3.000,00  per  chiunque,  in  possesso  di  licenza  di   pesca
professionale, pesca in acque non destinate alla pesca professionale;
k) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per qualsiasi semina  o  immissione
di materiale ittico non autorizzata dalla  Regione;  la  sanzione  e'
raddoppiata se la semina non autorizzata riguarda specie ittiche  non
autoctone; l) da euro 100,00 a euro  500,00  per  il  rilascio  nelle
acque del reticolo idrografico regionale di ogni esemplare  catturato
appartenente alle specie alloctone che necessitano di  interventi  di
eradicazione riportate nelle linee guida di cui all'art.  10;  m)  da
euro  500,00  a  euro   3.000,00   per   chiunque   esercita,   senza
autorizzazione, l'allevamento di idrofauna a scopo di  ripopolamento;
n) da euro 100,00 a euro 500,00 per chi pesca le specie ittiche fuori
dai periodi consentiti  dall'art.  26;  o)  da  euro  300,00  a  euro
2.000,00 per le infrazioni accertate  ai  divieti  di  pesca  di  cui
all'art. 24, commi 5 e 6; p) da euro 500,00 a euro  3.000,00  per  le
infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi  7
e 8; q) da euro 100,00 a euro 600,00 per le infrazioni  accertate  ai
divieti di pesca di cui all'art. 24, comma 9; r)  da  euro  500,00  a
euro 3.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di  cui
all'art. 24, commi 10 e 11; s) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per  le
infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui  all'art.  24,  commi
12, 13 e 14; t) da euro 200,00 a  euro  2.000,00  per  le  infrazioni
accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 15, 16 e  17;
u) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per chi  esercita  la  pesca  senza
aver effettuato il corso di cui all'art. 20,  comma  3;  v)  da  euro
300,00 a euro 2.000,00 per la mancata registrazione dei  laghetti  di
pesca sportiva presso il Servizio Sanitario  Regionale;  w)  da  euro
100,00 a euro 600,00 per chi esercita la pesca in periodi o orari  di
divieto o in acque nelle quali la pesca e' vietata; x) da euro 100,00
a euro 300,00 per il soggetto organizzatore di attivita'  agonistiche
nel caso di  inosservanza  di  disposizioni  contenute  nel  relativo
provvedimento autorizzativo; y) da euro 300,00 a euro 2.000,00 per la
mancata ottemperanza alle  disposizioni  disciplinate  dall'art.  13,
comma  9;  z)  da  euro  300,00  a  euro  2.000,00  per  la   mancata
ottemperanza alle disposizioni disciplinate dall'art. 15, comma 4. 
    - 2. La  Regione  introita  le  somme  derivanti  dalle  sanzioni
amministrative ed impiega tali somme per la tutela, la  gestione  del
patrimonio ittico, il ripopolamento, la vigilanza e la  realizzazione
di corsi di formazione  necessari  alla  presentazione  alla  Regione
dell'istanza per l'esercizio dell'attivita' di pesca  dilettantistico
- sportiva di cui all'art. 20».». 
    Le  disposizioni  cosi'  introdotte   (limitatamente   a   quanto
contenuto nelle lettere n) e w)  sopra  riportate)  sono  viziate  da
patente illegittimita'  costituzionale,  incidendo  nella  competenza
statale in materia e comportando violazione dell'art.  25,  comma  2,
della costituzione e dell'art. 1 della legge n.  689/1981,  e  devono
pertanto  essere  dichiarate  incostituzionali   sulla   base   delle
considerazioni che seguono. 
    1.2. La minuziosa  normazione  posta  dall'art.  8  e'  andata  a
sostituire, come visto, l'art. 30 della legge regionale  n.  28/2017:
esso e' stato tuttavia, per vero, in gran parte riprodotto quasi alla
lettera nella disposizione che oggi si impugna. 
    Giova premettere che gia'  all'epoca  della  adozione  di  quella
legge il Governo -  dubitando  della  legittimita'  di  taluna  delle
previsioni ivi inserite per il  mancato  rispetto  del  principio  di
legalita' - aveva  contattato  la  Regione,  in  un'ottica  di  leale
collaborazione,    esplicitando    tali    rilievi    ed    ottenendo
l'assicurazione dai competenti  organi  regionali  che  quei  profili
sarebbero stati valutati al fine  di  ricondurre  a  legittimita'  il
sistema sanzionatorio attraverso adeguate modifiche nella  normazione
regionale. 
    Di qui la decisione adottata nel 2017 da  parte  del  Governo  di
soprassedere alla impugnazione della legge  oggi  modificata  con  la
norma che si impugna. 
    1.3.  Si  e'  tuttavia  dovuto   constatare   che   la   Regione,
nell'introdurre oggi con la legge che si impugna le citate  modifiche
ed integrazioni alla legge regionale n. 28/2017, non ha  ritenuto  di
dover intervenire sulla normativa in discorso  nei  sensi  auspicati,
riproducendo una situazione di incertezza normativa che  finisce  col
concretizzare una violazione  dei  principi  costituzionali  come  si
andra' qui di seguito a chiarire. 
    2.  Va  preliminarmente  precisato  che  non  e'  ostativa   alla
ammissibilita' della presente  impugnazione  la  circostanza  che  la
norma che oggi si impugna (l'art. 8 della legge regionale Abruzzo  n.
11/2018)  sia  in  buona  sostanza  riproduttiva,  come  gia'  detto,
dell'art. 30 della legge regionale Abruzzo n. 28/17 -  che  e'  stata
destinata a sostituire a decorrere dal 21 giugno 2018  -  che  a  suo
tempo non fu oggetto di impugnazione da parte del Governo. 
    E, invero, costituisce principio assolutamente consolidato  nella
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte che, essendo ogni disposizione
legislativa espressione di una nuova e autonoma volizione "politica",
essa e'  impugnabile  pur  se  confermativa/reiterativa/esecutiva  di
altra disposizione, pur non impugnata, per i medesimi vizi dai  quali
poteva essere astrattamente ritenuta afflitta la precedente norma. 
    Il principio e' agevolmente desumibile, tra le ultime,  da  Corte
Cost., sent. 28 marzo  2012,  n.  71,  dove  si  rammenta  che,  «per
costante giurisprudenza di questa corte, nel giudizio di legittimita'
costituzionale,      non      trova      applicazione      l'istituto
dell'inammissibilita' della  questione  per  acquiescenza  o  per  il
carattere  confermativo  del  provvedimento  impugnato  (da   ultimo,
sentenze n. 187 del 2011, id., 2011, I, 2226, e n. 165 del 2011, id.,
2012, I, 374; n. 40 del 2010, id., Rep. 2010, voce Sanita'  pubblica,
n. 404; n. 98 del 2007, id., Rep. 2007, voce cit., n. 310; n. 74  del
2001, id., 2001, I, 3049;  n.  20  del  2000,  id.,  2002,  I,  664).
L'omessa impugnazione di una disposizione di legge avente il medesimo
contenuto di altra disposizione sopravvenuta,  dunque,  non  preclude
l'autonoma impugnazione di quest'ultima (sentenze n.  298  del  2009,
id., 2010, I, 2987; n. 443 e n. 430 del 2007, id., 2008,  I,  1396  e
369; n. 383 e n. 62 del 2005, id., Rep. 2006, voce Energia elettrica,
nn. 22, 58, e id., Rep. 2005, voce Energia nucleare, n. 4; n.  287  e
n. 272 del 2004, id., Rep. 2004, voce Previdenza sociale, n.  735,  e
id., 2005, I, 2648)». 
    3.1. L'art. 25 della Costituzione,  nel  porre,  al  suo  secondo
comma, il principio di legalita',  inizialmente  riguardato,  secondo
tradizione, con riferimento alla materia penale («Nessuno puo' essere
punito se non in forza di una legge che sia entrata in  vigore  prima
del  fatto   commesso»),   stabilisce   una   regola   di   carattere
assolutamente generale; ed essa  e'  esplicitamente  ribadita,  nella
specifica materia delle sanzioni amministrative,  dall'art.  1  della
legge n. 689/1981  («Nessuno  puo'  essere  assoggettato  a  sanzioni
amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore
prima  della  commissione  della  violazione»).  Tale  principio   si
concretizza poi, come  noto,  nei  cc.dd.  «principi  di  precisione,
chiarezza,  e  determinatezza»   (le   norme   che   individuano   il
comportamento  suscettibile  di  essere  sanzionato   devono   essere
sufficientemente chiare e di facile comprensione per  il  consociato:
profilo valorizzato anche in materia tributaria; cfr. Corte cost., 1°
agosto 2008, n. 327). 
    3.2. Negli ultimi anni, in linea con l'orientamento assunto dalla
Corte EDU, codesta Ecc.ma Corte ha poi  definitivamente  chiarito  la
portata del  richiamato,  fondamentale  principio.  Cosi',  in  Corte
cost.,  (sent.  4  giugno  2010,  n.  196)  si  legge   che,   «dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo,  firmatasi  in  particolare
sull'interpretazione degli articoli 6 e 7 della CEDU, si ricava, ...,
il  principio  secondo  il  quale  tutte  le  misure   di   carattere
punitivo-alflittivo devono essere soggette alla  medesima  disciplina
della sanzione penale in senso stretto. Principio questo, del  resto,
desumibile dall'art. 25,  secondo  comma,  Cost.,  il  quale  -  data
l'ampiezza della sua formulazione («Nessuno puo' essere punito...») -
puo' essere interpretato nel senso che ogni intervento sanzionatorio,
il  quale  non  abbia  prevalentemente  la  finzione  di  prevenzione
criminale (e quindi non sia riconducibile - in senso stretto - a vere
e proprie misure di sicurezza), e' applicabile soltanto se  la  legge
che lo prevede risulti gia' vigente al momento della commissione  del
fatto sanzionato. D'altronde, questa Corte non solo ha affermato che,
per le misure sanzionatorie diverse  dalle  pene  in  senso  stretto,
sussiste «l'esigenza della prefissione ex lege di rigorosi criteri di
esercizio  del  potere  relativo   all'applicazione   (o   alla   non
applicazione) di esse» (sentenza n. 447 del 1988), ma anche precisato
come la necessita' «che sia la legge a configurare,  con  sufficienza
adeguata alla fattispecie, i fitti  da  punire»  risulti  pur  sempre
«ricavabile  anche  per  le  sanzioni  amministrative  dall'art.  25,
secondo comma, della Costituzione» (sentenza n. 78 del 1967). A  cio'
e' da aggiungere che  anche  la  disciplina  generale  relativa  agli
illeciti  amministrativi  depenalizzati  -  recata  dalla  legge   24
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale)  -  ha  stabilito
che «Nessuno puo' essere assoggettato a  sanzioni  amministrative  se
non in forza di una legge che  sia  entrata  in  vigore  prima  della
commissione della violazione» (art. 1, primo comma), dettando, cosi',
una regola che si pone come principio generale  di  quello  specifico
sistema. 
    Puo' dunque costituire oggi affermazione ormai consolidata che il
principio di legalita' di cui all'art.  25,  comma  2,  Cost.  (anche
richiamato  dall'art.  1  della  legge   n.   689/81)   trova   piena
applicazione in quanto fornito di tutela costituzionale anche in tema
di sanzioni amministrative. 
    4.1. Alla luce di quanto precede, e sgomberato il campo  da  ogni
dubbio relativo alla ammissibilita' del  presente  ricorso,  si  deve
quindi evidenziarne la palese fondatezza. 
    Occorre rivolgere l'attenzione, in particolare, alle lettere n) e
w) dell'art. 30,  primo  comma,  della  legge  regionale  Abruzzo  n.
28/2017,  come  novellato  dall'art.  8,  primo  comma,  della  legge
regionale Abruzzo n. 11/2018 oggi impugnata. 
    Come   gia'   evidenziato,    dette    disposizioni    prevedono,
rispettivamente, che siano  soggette  a  sanzione  amministrativa  le
infrazioni concernenti la pesca di specie ittiche fuori  dai  periodi
consentiti dall'art. 26 (lettera n)) e  l'esercizio  della  pesca  in
periodi o orari di divieto o in acque nelle quali la pesca e' vietata
(lettera w). 
    Trattasi, con  piena  evidenza,  di  norme  afflitte  da  patente
genericita',  in  violazione  del  principio  di  legalita'  come  in
precedenza individuato. 
    4.2. Se e' vero, infatti, che la  norma  sanzionatoria  ben  puo'
rinviare  ad  altra  disposizione  affinche'  il  suo  contenuto  sia
determinato, e che questa  «altra»  disposizione  puo'  anche  essere
costituita da specifici provvedimenti di un'autorita' amministrativa,
affinche' il principio di legalita' nelle sue varie  espressioni  non
risulti  violato  e'  necessario,   che   la   nonna   primaria   sia
caratterizzata da una sua «autosufficienza precettiva»:  che,  cioe',
per  usare  espressioni  ormai  tralaticie  nella  giurisprudenza  di
codesta Ecc.ma Corte, essa delinei esaurientemente la fattispecie  in
tutte le sue componenti essenziali (cfr. Corte cost.,  sent.  n.  199
del 27 aprile 1993); per contro, il principio di legalita' risultera'
violato quando «non sia una legge (o un atto equiparato) dello  Stato
- non importa se proprio la medesima legge che  prevede  la  sanzione
penale o un altra legge - a indicare con sufficiente specificazione i
presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti  dei  provvedimenti
dell'autorita' non legislativa, alla  trasgressione  dei  quali  deve
seguire la pena» (cosi' ad es. Corte cost., n. 336/1987; n.  58/1975;
giurisprudenza pacifica fin da Corte cost., n. 26/1966). 
    4.3.  Sulla  scorta  di  detto  principio  non  vi  sara'  dunque
violazione del principio di legalita'  laddove  fonti  diverse  dalla
legge formale si limitino a completare la norma  di  legge,  come  ad
esempio sovente  (legittimamente)  accade  laddove  siano  necessarie
integrazioni  di  natura  tecnica.  In  questi  casi,   infatti,   la
disposizione di legge consente  gia'  ex  se  la  individuazione  del
precetto e del bene giuridico tutelato. 
    Il principio, nella sua espressione di «principio di precisione e
determinatezza della norma penale» sara' per contro  violato  laddove
si sia in presenza  di  una  norma  «in  bianco»  che  rinvii  ad  un
regolamento o provvedimento  in  grado  destinati  a  completarla  in
taluno dei suoi elementi essenziali (per una peculiare fattispecie si
veda, ad es., Corte cost., sent. 14 giugno 1990, n. 282). 
    4.4. Orbene, nel caso  di  specie  appare  evidente  che  le  due
disposizioni contenute nell'art. 30 della legge regionale n.  28/2017
come sostituito dall'art. 8 della legge regionale n. 11/2018  (quelle
contemplate dalle gia' menzionate lettere n)  e  w))  non  solo  sono
estremamente generiche,  facendo  pressoche'  totale  rinvio  ad  una
normazione subordinata che non e'  nemmeno  individuata  (la  lettera
w)), ovvero non e' comunque determinata essendo per  di  piu'  futura
e/o incerta (con riferimento a quanto previsto dai commi  2,  3  e  4
dell'art. 26, richiamato dalla lettera n)), ma  appaiono  addirittura
potenzialmente sovrapporsi nella loro  almeno  parziale  genericita',
cosi' determinando inevitabili problemi interpretativi ed  incertezza
nel destinatario della  norma  quanto  alla  corretta  individuazione
degli elementi costitutivi dell'illecito. 
    Le norme in esame contrastano pertanto in parte  qua  con  l'art.
25, comma 2, della  costituzione  e  con  l'art.  1  della  legge  n.
689/1981, e dovranno essere dichiarate incostituzionali.